INTERVISTA A KIMO LEOPOLDO

E' una tiepida sera di fine ottobre. Sto guidando per recarmi all'allenamento con Kimo Leopoldo. Devo ammettere di essere un po' preoccupato per questo appuntamento: si presenterà veramente? Reggerò l'allenamento? Ma soprattutto risponderà al fuoco di fila delle mie domande?
Arriva con un po' di ritardo ed io lo osservo attentamente,cercando di far coincidere l'immagine impressa nella mia mente con la figura che si staglia contro il muro della palestra; è davvero possente e tutti quei tatuaggi di sapore "religioso" incutono un certo timore, quasi un requiem prima di entrare nella gabbia.Dopo due ore estenuanti in cui Joe Moreira (preparatore di Kimo che verrà intervistato nel prossimo numero di Sphinx Magazine) ci sottopone ai più svariati metodi d’allenamento, ci sediamo sul ring; Kimo ha uno sguardo quasi torvo, ma è comunque molto disponibile.

A: Alberto Ceretto
K: Kimo Leopoldo

A: Ci puoi raccontare brevemente il tuo background sportivo?

K: Il mio vero background non è proprio solo di arti marziali. Prima di entrare nel circuito dell'UFC non ho mai praticato arti marziali. Ho sempre lavorato nella sicurezza delle discoteche quindi le cose che sapevo fare le avevo imparate nelle risse a cui avevo partecipato,dalle aggressioni da cui avevo dovuto salvarmi il c…o! Prima di incominciare la mia carriera "marziale" provavo le tecniche che davvero funzionavano nell'autodifesa totale. In strada non ci sono regole e chi ti attacca cerca davvero di fati del male.Più volte mi hanno aggredito con coltelli o altre armi. I locali in cui lavoravo non erano ben frequentati.Allora praticavo solo football: volevo iniziare a giocare professionalmente,ma mi ruppi un ginocchio e non potei continuare. Il mio primo match nell'UFC 3 fu contro Royce Gracie. Non ero allenato e non sapevo neanche cosa fare. Entrai nell'ottagono e pensai solo che fosse come qualsiasi altro match da strada. Ma non fu cosi. La cosa che mi colpi di più fu che Royce Gracie aveva una corporatura longilinea, mentre io pesavo molto ,molto più di lui,ma nonostante questo riusciva a tenermi a bada, a controllare tutto il mio corpo. Dopo quell'incontro capii che era ora di imparare il jiu jitsu e anche di modificarlo secondo le mie esigenze. Così incominciò la mia carriera marziale.

A: Quindi hai affrontato l'incontro contro Royce Gracie senza una vera preparazione "tecnica"?

K: No. Sapevo tirare pugni e testate come le avevo sempre tirate per strada. Non avevo preparazione fisica, né fiato, né condizionamento. Appena entrai nella gabbia capii che lì si faceva sul serio e che gli atleti non erano ragazzi presi dalla strada ma erano professionisti dello sport. Da lì incominciai ad allenarmi moltissimo nel jiu jitsu e nella muay thai, perché era ciò che serviva al miocorpo per poter combattere con una tecnica migliore e limitare le mie debolezze. Studiai poi un po' di lotta per le proiezioni e un po' di boxe per migliorare le mie tecniche di pugno.

A: Nonostante la scarsa preparazione facesti un bel match contro Royce o sbaglio?

K: No, fu un bel match che mi aprì poi tutte le porte per combattere nel No Holds Barred (NHB), ma allora il regolamento dell'UFC era diverso.Non si indossavano guantoni a dita libere e si potevano tirare testate al suolo. Ora l'UFC è diventato molto più sicuro per gli atleti, anche se ha perso in durezza e, quindi, in spettacolarità.

A: Per quale ragione incominciasti a combattere nell'NHB?

K: Quando vidi per la prima volta l'UFC in televisione volli partecipare perché pensavo di poter vincere senza nessun problema, visto che nella mia vita avevo sempre combattuto senza regole. Inoltre, come responsabile della sicurezza nei locali non avevo più un grande futuro davanti, poiché stavo cominciando a invecchiare. Decisi quindi di prendere parte al torneo per vedere se mi avrebbe aperto nuove strade o nuove chances per migliorare il mio futuro e così fu.

A: Come entrasti nell'UFC 3?

K: Allora era tutto più facile.Non dovevi possedere dei titoli o un lungo curriculum. Ti presentavi e se piacevi fisicamente ti prendevano. Io fui scelto perché ero fisicamente imponente e perché dissi che praticavo taekwondo, cosa peraltro non vera. Dopo avermi accettato come combattente misero i nomi in un recipiente ed estrassero gli abbinamenti. Io capitai con Royce Gracie. Allora la scelta dei combattimenti era basata sulla persona, sul fatto che potessi fare spettacolo, piuttosto che sulle qualità tecniche.

A: E dopo di allora?

K: Combattei varie volte ( 4 o 5 ) in Giappone per il K – 1 ma la mia Kick Boxing non era così buona da poter combattere nel circuito del k – 1 . Così tornai a combattere nel NHB. Continuai a combattere in Giappone dove vinsi contro Pat Smith in pochi secondi. Prima che arrivasse il Pride e il Pancrase in Giappone i combattimenti erano davvero senza regole e senza protezioni. Combattei varie volte nell'Ultimate Style. Da lì mi creai un buon curriculum e un'ottima reputazione come atleta.

A: Ci dici come è cambiato il modo di allenarti dall'UFC 3 ad adesso?

K: Prima dell' UFC 3 nulla. Niente di niente. Dopo allora capii che un combattimento da strada era diverso da un match nella gabbia e quindi smisi di bere e di divertirmi la sera. Incominciai a studiare a Seattle il jiu jitsu e il pancrase. Con il pancrase, però, smisi in fretta perché insegnava solo tecniche dalle posizioni superiori e non quelle inferiori. Ebbi la svolta quando incontrai Joe Moreira, con il quale mi alleno tutt'ora , che mi insegnò ogni singola posizione e ogni singolo dettaglio necessario al mio modo di combattere. Incominciai a capire che il fiato (cardio) era la cosa più importante. Pensa che in Giappone combattei per trenta minuti: il presupposto di prestazioni simili è un durissimo allenamento cardiovascolare, basato su molta corsa , molto sparring e sollevamento pesi, fatto in maniera più veloce con carichi leggeri. Una cosa che faccio tutt'ora sono circuiti senza periodi di recupero per dieci minuti consecutivi. Senza recupero perché deve essere il più simile possibile al combattimento. Così come combatti, così deve essere il tuo allenamento.

A: Nella tua vita,qual è stato il match più duro?

K: Questa domanda mi è stata rivolta moltissime volte. Ogni combattimento per me è stato duro, perché ho incontrato atleti molto forti e molto diversi tra loro. Guarda i miei match:il primo, con Royce Gracie, l'ho affrontato senza allenamento; nel secondo ho combattuto contro Ken Shamrock un uomo davvero duro e un atleta molto completo; nel terzo ho affrontato Dan Severn in Giappone e ho combattuto con lui per trenta minuti… sono stati tutti match duri che mi hanno insegnato moltissimo.

A: So che sono ormai tanti anni che ti alleni con Joe Moreira, che rapporto vi lega?

K: Conobbi Joe ad un incontro UFC, in occasione di una "scaramuccia" con Tank Abbot, con il quale stavo per passare alle "maniere dure": fortunatamente arrivò Joe e calmò tutti. Andammo poi a un party assieme e da allora diventammo molto amici. Incominciò a insegnarmi il Jiu Jitsu in maniera diversa da come l'avevano fatto prima: Joe mi correggeva e mi dava dei consigli per rendere la tecnica ancora più propizia al mio fisico. Imparai molto in fretta perché mi correggeva immediatamente e mi faceva notare alcuni trucchi per applicare una determinata tecnica ancora più facilmente. In combattimento non puoi utilizzare la forza per portare una finalizzazione, altrimenti sprechi troppe energie. Joe mi mostrò soprattutto questo: a calmarmi e a mostrare tutte le mie potenzialità, perché so che lui crede molto in me e io credo molto in lui. Quando combatto non lo faccio solo per me stesso ma anche per lui e perché lui sia fiero di me. Joe è la mia famiglia.

A: Cosa pensi della crescita dei tornei di Vale Tudo o NHB, comunque tu li voglia chiamare , oggigiorno?

K: Un tempo i tornei erano sicuramente più divertenti di quelli di adesso. Vedevi davvero un praticante di kung fu contro un kick boxer e uno di jiu jitsu contro un pugile. Alla gente piaceva. Oggi vedi troppo lavoro a terra e troppe posizioni statiche che rendono l'evento o gli incontri più noiosi e meno apprezzabili dai non addetti ai lavori. A me piacciono ugualmente ma so che la gente è stufa di vedere due che cercano di portarsi al suolo e lottano a terra.Non esiste più il karate contro il kung fu o il taekwondo, ora esiste un nuovo stile, il Free Fight, che è una fusione di più cose. Per il pubblico erano molto meglio i primi incontri dell'UFC ma per lo sport sono meglio quelli di adesso. Hanno tutto un altro livello tecnico.

A: Ci fai un esempio di un circuito che svolgi per allenarti?

K: Scelgo circa venti esercizi con i pesi per le spalle e i bicipiti, bilancieri per i pettorali e faccio venti ripetizioni per esercizio con un carico leggero. Ogni esercizio di seguito all'altro per dieci, quindici minuti e poi un minuto di recupero. Cerco di mantenere alto il mio battito cardiaco o comunque costante, come durante il combattimento.

A: Quante volte ti alleni alla settimana?

K: Sei volte, suddivise in due sessioni giornaliere, cinque delle quali consistono in sparring e lotta.

A: Che alimentazione segui?

K: Per un certo periodo volevo mantenermi pesante e quindi mangiavo molto riso, pasta e proteine. Ora voglio rimanere in forma ma con un rapporto ottimale tra grasso e muscolo. Dopo tre anni di dieta a zona, ottenuto un buon risultato, ho smesso e ora mangio un po’ di tutto ma moderatamente. Cerco di evitare grassi e zuccheri.

A: E dopo un incontro?

K: Festa!! (ride). Cerco però di non farla durare troppo, altrimenti impiego poi più tempo a recuperare la forma fisica precedente.Cerco di mantenere un livello stabile anche se è dura.

A: Quanti incontri hai disputato fino ad ora?

K: Circa ventisei. Ne ho persi quattro.Ma quelle sconfitte mi sono servite per migliorare. Ora è difficile che qualcuno mi finalizzi con uno strangolamento o con una semplice leva al braccio.

A: Quando sarà il tuo prossimo match?

K: Il quindici dicembre a Tokyo.

A: Descrivici le tue sensazioni prima dell'UFC 3 e prima di un incontro ora che sono passati tanti anni.

K: Quando feci l'UFC 3 ero abituato a combattere il mio avversario con la rabbia, come ti ho detto, per via delle mie precedenti esperienze. Quando entrai e vidi tutta quella gente e la televisione che mi riprendeva in diretta rimasi sbalordito.Non ero abituato a tutto ciò, quindi ero molto nervoso. Ora , qualsiasi match debba sostenere , sono tranquillo.

A: Esiste un segreto per un incontro di NHB?

K: Sì. Avere un buon fiato e una buona resistenza.

A: Vedo che hai molti tatuaggi sul tuo corpo.Hanno un particolare significato?

K: Si. Ogni mio tatuaggio mi ricorda un periodo della mia vita o le strade che la mia vita ha preso nel corso degli anni. Quando decisi di credere in Gesù ne tatuai il nome sul mio corpo per mostrarlo a tutti e per ricordarmi della mia scelta. Molti dicono di essere credenti, ma quanti sono disposti a dimostrarlo pubblicamente? Io, invece, non ho problemi di nessun tipo a mostrare alla gente il mio credo e il mio passato. Ogni singolo tatuaggio sul mio corpo ha un significato molto importante per me. Non li ho fatti sicuramente per vezzo.

A: Se un giovane ti chiedesse cosa ci vuole o quali qualità sono necessarie per diventare un campione di Vale Tudo tu cosa gli diresti?

K: Innanzitutto gli chiederei perché vuole cominciare a combattere (fare soldi? Dimostare qualcosa ? rabbia? Altro?); se reputassi che l'obiettivo che si è prefissato merita di essere raggiunto allora cercherei di capire a quanto sarebbe disposto a rinunciare per diventarlo. In caso di riscontro positivo gli direi che la qualità più importante per poterti allenare è solo una: la costanza.

A: Progetti per il futuro?

K: Per adesso continuare a combattere.

A: Grazie mille Kimo.

K: Grazie a te, Alberto e grazie a Sphinx Magazine. E' stato un piacere!

 

TORNA SU